Ictus: perché ci sono sempre più casi?

In Italia l’ictus cerebrale colpisce circa 200.000 persone all’anno e anche se l’incidenza aumenta progressivamente con l’età, questo evento colpisce sempre di più i soggetti più giovani. Comunque è possibile prevenirlo.

Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia l’ictus è la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie (il 10-12% di tutti i decessi per anno si verifica dopo un ictus) e rappresenta la principale causa d’invalidità. Ad un anno circa dall’evento acuto, un terzo dei soggetti sopravvissuti ad un ictus – indipendentemente dal fatto che sia ischemico o emorragico – presenta un grado di disabilità elevato, tanto da poterli definire totalmente dipendenti. Il prof. Sergio Acampora, neurochirurgo, e la dottoressa Assunta Angela Troisi, fisiatra, ci spiegano come agire.

Potremmo ribaltare la situazione. La maggioranza dei casi di ictus potrebbe essere prevenuta semplicemente adottando uno stile di vita sano e controllando i fattori di rischio che possono provocarlo.

Colpisce di più gli uomini

Ma le donne non ne sono immuni. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, il tasso di prevalenza di ictus nella popolazione anziana (età 65-84 anni) italiana è del 6,5 per cento, leggermente più alta negli uomini (7,4 per cento) rispetto alle donne (5,9 per cento).

L’età incide molto. L’incidenza dell’ictus aumenta progressivamente con l’età, raggiungendo il valore massimo negli ultra ottantacinquenni, la cosiddetta quarta età. Il 75 per cento dei casi di ictus cerebrale, quindi, colpisce i soggetti con un’età di oltre 65 anni.

Essere colpito da ictus può cambiarti la vita

L’ictus si verifica quando l’afflusso di sangue al cervello si interrompe per l’ostruzione di un vaso cerebrale, in seguito a trombosi (chiusura delle pareti) o embolia (coagulo di sangue dal cuore o da una placca aterosclerotica di una grossa arteria) ovvero alla rottura di un’arteria cerebrale.

A che cosa è dovuto?

Nel primo caso si parla di infarto cerebrale o ictus ischemico, che è la forma più frequente. Nel secondo caso, invece, si parla di emorragia cerebrale o ictus emorragico; questa è la forma più grave, poiché può condurre a morte oltre il 50% dei soggetti colpiti. In entrambi i casi l’ipertensione arteriosa non curata è responsabile del danno nei vasi del collo (carotidi) e delle arterie cerebrali.

Come è colpito il cervello?

Se non arriva sangue a sufficienza al cervello, le cellule nervose risultano private di ossigeno e sostanze nutritive e, se il flusso sanguigno non è subito ripristinato, vanno incontro a morte.

Danni diversi a seconda della zona colpita

Quali sono le conseguenze di un ictus? Poiché molte aree cerebrali sono responsabili di funzioni specifiche, le conseguenze possono essere diverse a seconda della zona e del lato coinvolto.

Il lato del cervello colpito

Il lato sinistro controlla:

  • Funzioni del linguaggio
  • Controllo motorio del lato destro del corpo
  • Movimenti volontari
  • Pensiero analitico
  • Visione dell’esterno in senso locale

Il lato destro controlla:

  • Controllo motorio del lato sinistro del corpo
  • Percezione di sé nello spazio
  • Regolazione dell’emotività
  • Pensiero sintetico

La zona colpita danneggia funzioni specifiche

  1. Corteccia frontale: Comportamento, emozioni, intelligenza, memoria, movimento.
  2. Corteccia parietale: Intelligenza, linguaggio, lettura, sensazioni
  3. Area occipitale: Funzioni visive
  4. Cervelletto: Coordinazione dei movimenti, equilibrio
  5. Tronco encefalico: Pressione, respirazione, battito cardiaco
  6. Area temporale: Centro della parola, centro dell’udito

Tutto ciò che dipende da te per allontanare il rischio di ictus

Combatti l’ipertensione

È un fattore di rischio molto importante per l’ictus perché, alla lunga, può danneggiare le arterie dirette al cervello. Se la pressione supera abitualmente i 130/80 mmHg il rischio è già alto, e aumenta a mano a mano che questa si innalza. Al contrario se segui le raccomandazioni dei medici e curi l’ipertensione il rischio di ictus può diminuire considerevolmente.

Controlla il colesterolo

Anche se è legata più all’infarto coronarico, l’ipercolesterolemia influisce anche sul rischio di ictus, specie al di sotto dei 45 anni. Il colesterolo cattivo, infatti, si accumula nelle arterie favorendo la formazione di placche che possono restringerne il lume o ostruirlo.

Attenzione alla glicemia

Chi soffre di diabete e non lo controlla corre un rischio notevolmente maggiore di ipertensione arteriosa, aterosclerosi, colesterolo e obesità (tutti fattori di rischio dell’ictus). Se hai una storia familiare di diabete 2, devi controllare la glicemia regolarmente.

Fai una vita attiva

Le persone obese sono spesso anche ipertese, diabetiche e hanno il colesterolo alto, pertanto corrono un maggior rischio di ictus cerebrale. Svolgere un esercizio fisico moderato, e regolarmente, aiuta a controllare il peso e a controllare i valori della glicemia, della pressione e dei lipidi nel sangue.

Smetti di fumare

I medici sono categorici: l’ictus è due volte più frequente nei soggetti fumatori. Quante più sigarette fumi ogni giorno, tanto maggiore è il rischio di andarvi incontro. Si tratta del fattore di rischio modificabile più importante nei giovani.

L’opinione del medico: “l’intervento chirurgico dipende dai casi”

In quali casi di ictus è indicata la chirurgia?
La chirurgia nell’ictus è limitata ad alcuni casi e particolari circostanze, quando cioè gli effetti dell’ictus sulle strutture cerebrali possono com- promettere la vita o le funzioni superiori. In altre parole il neurochirurgo
può svuotare una raccolta di sangue (ematoma intracerebrale) per ridurre il suo effetto massa ma non può riparare i danni già arrecati, ovvero può clippare un aneurisma che ha sanguinato ma non può riparare il tessuto cerebrale già danneggiato.

E in caso di edema cerebrale?
Nel caso poi di edema cerebrale, sia per ictus emorragico che ischemico, il neurochirurgo può effettuare una decompressione ossea e durale per dare più spazio al cervello rigonfio e ridurre i danni secondari, dovuti proprio all’edema.

Quali sono i segnali che possono salvarti la vita?

Prevenire l’ictus è di estrema importanza, ma è fondamentale saperlo riconoscere quando si presenta, perché ciò permette di chiedere aiuto in tempo utile e ridurre di conseguenza le lesioni che si possono avere a livello cerebrale. Infatti i neurochirurgi si riferiscono a questo evento con la frase “il tempo è cervello”.

Come si può manifestare?

Un ictus su tre circa è preceduto da alcune manifestazioni cliniche (a volte di durata molto breve). Possono trascorrere solo pochi minuti durante i quali il soggetto nota sintomi della sua imminente comparsa. Identificarli è quindi fondamentale per poter agire in tempo.

Che cosa avverti?

Sensazione di intorpidimento • Nell’ictus è facile che si presentino debolezza, formicolio o mancanza di forze, di solito in un solo lato del corpo.
Perdita improvvisa della vista • Se la perdita della visione è improvvisa (che sia totale o comprenda solo alcune parti della visione) chiedi aiuto.
Difficoltà di parola o apprendimento • Un sintomo può essere che mentre stai facendo un discorso hai difficoltà ad articolare le parole.
Problemi di coordinazione • Se all’improvviso fai fatica a stare in piedi, perdi l’equilibrio, hai la nausea, hai problemi di deambulazione, chiedi aiuto.
Mal di testa improvviso e molto intenso • Preoccupati se questo segno è accompagnato da nausea, vomito, sonnolenza o dagli altri sintomi dell’ictus.

Scoprilo in un’altra persona

Se sospetti che qualcuno stia per avere un ictus, fagli domande facili per vedere se risponde normalmente. Poi guardalo negli occhi e chiedigli che alzi le braccia davanti al corpo. Ci sono due segni molto evidenti.

Quando accade che cosa può succedere?

Quando si ha un ictus l’assistenza medica risulta essenziale. Se si agisce soprattutto entro le quattro ore dell’evento vascolare la possibilità di sciogliere il coagulo o bloccare l’emorragia è molto elevata.

Che cosa bisogna fare?

Per prima cosa, bisogna chiedere immediatamente aiuto. Se senti i sintomi di un ictus la cosa più importante è avvisare il servizio di emergenza (puoi chiamare il 118), spiegare cosa sta succedendo e informarli sui sintomi che avverti.

Se i servizi di assistenza medica ricevono un avviso di possibile ictus si attiva un protocollo di azione rapida chiamato “codice ictus” di rapida azione. L’obiettivo è quello di trasportare il paziente il prima possibile all’unità specializzata (la stroke unit) o all’ospedale polispecialistico, al più presto.

Che cosa accade quando si arriva in ospedale?

Viene eseguita una visita e se il sospetto di ictus è elevato viene praticata una TAC cerebrale, che conferma se si tratta di ictus (e se lo è a causa di un’emorragia o di un’occlusione di un’arteria).

Se l’ictus è confermato solitamente si somministrano dei farmaci. Se l’ictus è dovuto a un coagulo si può iniettare per via endovenosa un trombolitico o fibrinolitico. Se si tratta di ictus emorragico si somministrano specifici farmaci per intervenire sulle arterie danneggiate.

Se i farmaci non fossero sufficienti oggi si può ricorrere anche alla terapia endovascolare, che consiste nell’introduzione di dispositivi meccanici (come un catetere) che attraverso la navigazione vascolare permettono di arrivare al cervello e rimuovere il trombo che sta ostacolando il vaso sanguigno.

Le conseguenze sono inevitabili? Dipende dall’estensione o entità della lesione dell’infarto cerebrale o del volume dell’emorragia, dalla sua localizzazione, dal tempo in cui si è agito. In base a ciò, le lesioni neurologiche possono ristabilirsi in parte o del tutto o essere del tutto irreversibili.

L’opinione del medico: “Riabilitare subito”

La riabilitazione

Post-ictus va iniziata nelle prime 24-48 ore dall’evento acuto. Viene effettuata un’attenta valutazione del danno e delle capacità residue sull’ambito motorio e sulla sfera cognitiva e del linguaggio.

Viene quindi costruito un programma riabilitativo in cui vengono prescritti tutti i trattamenti a cui il paziente deve sottoporsi.

Si prevede poi un monitoraggio del recupero attraverso l’uso di scale di valutazione delle varie abilità motorie e cognitive del paziente, il quale dovrà continuare la riabilitazione anche dopo la dimissione dall’ospedale.

Tornati a casa che cosa può accadere

È possibile che tu conosca alcune persone che hanno avuto un ictus. Ti sarai accorta che il problema principale di un ictus è che possono restare le sequele importanti (soprattutto mobilità, funzionalità cognitiva). Fortunatamente molte di queste possono essere ridotte o anche del tutto eliminate con la riabilitazione: seguirla correttamente è essenziale per il recupero di tutte le tue facoltà.

Che cosa si deve fare?

Nei primi giorni dopo il ricovero in ospedale si inizia il programma di riabilitazione, che ha come obiettivo quello di aiutare il paziente ad adattarsi al deficit e recuperare le

funzioni al massimo possibile. Il programma che viene seguito è personalizzato secondo le necessità specifiche dell’individuo e solitamente integra terapia riabilitativa, riabilitazione del linguaggio, terapia psicologica. Oggi sono a disposizione tecniche sempre più complesse (attraverso i sistemi audiovisivi, internet, applicazioni per il cellulare) che permettono al paziente di ristabilirsi al meglio, anche a casa propria.

I risultati possono essere diversi per ciascuno, ma si calcola che con l’aiuto di questi programmi, in un anno un terzo dei pazienti riprende l’attività lavorativa e la metà recupera totalmente la propria autonomia.

Le ultime novità: interventi tempestivi, cellule staminali e “ibernazione artificiale”

L’esecuzione precoce di un esame neurodiagnostico in grado di determinare la sede e l’entità non solo del danno ischemico, ma anche delle arterie implicate è il primo obiettivo per poter eseguire in tempi brevi un trattamento endovascolare, fibrinolitico o meccanico, con precoce rivascolarizzazione.

Un tessuto cerebrale potenzialmente “salvabile” è presente infatti in più dell’80% dei casi di ictus acuto tra le 3 e le 6 ore dall’esordio e l’efficacia della ricanalizzazione può essere fortemente influenzata dalla rapidità di intervento medico.

Anche per i soggetti colpiti da ictus cerebrale la speranza è riposta nelle cellule staminali: un recente studio su Stroke segnala appunto l’efficacia di tale terapia in un gruppo di 18 pazienti colpiti da ictus che avevano riportato disabilità motorie permanenti.

La ricerca è stata realizzata alla Stanford University in California: le cellule staminali sono state prelevate dal midollo osseo di donatori; modificate in provetta per dotarle di precise funzioni neurali; e dopo aver praticato un forellino sul cranio dei pazienti, sono state iniettate direttamente nelle aree interessate dall’ictus. Nel giro di un mese, i pazienti hanno mostrato miglioramenti evidenti nelle funzioni motorie.

Ma a livello internazionale, si discute anche della possibilità di una “ibernazione artificiale” che consentirebbe al cervello di sopravvivere con un minor apporto di sangue, dando ai medici il tempo di intervenire sui vasi sanguigni colpiti dall’ictus.

Un gruppo di medici scozzesi propone tecniche di ibernazione, dalla copertina refrigerante all’iniezione di infusione salina a una temperatura di 4 gradi. I dati sperimentali sono incoraggianti, ma manca una validazione scientifica.

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